Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

sabato 5 dicembre 2015

Omaggio alla beat generation



Omaggio alla beat generation verso una rivoluzione tutta italiana


Pier Paolo Pasolini è mio padre. Ma Allen Ginsberg è mio zio. Io sono convinto, ma questa è solo una mia congettura, che quando mio padre ha conosciuto mio zio, suo fratello, questa conoscenza abbia impresso alla sua poesia un cambio quasi totale. Ovviamente non sono qui ad analizzare mio padre, cosa che per molte ragioni non si deve mai fare, ma sicuramente nella sua ultima raccolta, Trasumanar e Organizzar, egli mutua dai poeti americani e soprattutto da Allen Ginsberg (la raccolta Urlo è del '56) un modo di essere evidentemente molto più sciolto rispetto a prima, cioè al Pasolini degli anni '50 (pensiamo ad esempio a Il canto popolare)
Il "più moderno di ogni moderno"supera dunque il suo pur progressivo ma vecchio sapere mentale e letterario (diventato più che stantio negli anni '60, con punte anche retoriche e moralistiche) per sposare un sapere e dunque un essere e uno stile in buona misura affratellato ai poeti beat. 
Il nostro essere moderni ci impone sempre una continua trasformazione, ma la modernità dei poeti beat, per un italiano vivente in Italia, si configurava sicuramente come una specie di ristrutturazione mentale. Tuttavia, per un uomo colto e moderno, la sola vera trasformazione possibile era quella, dato che la neoavanguardia italiana del "Gruppo '63" non era nulla in confronto al movimento della beat generation coi suoi poeti realisti, coi suoi musicisti impegnati, un po' come non fu nulla il marinettismo (che io smetterei di chiamare "futurismo") rispetto al futurismo russo e alla modernità di un Majakovskij o di un seppur ignoto Chlebnikov. 
Del resto Marinetti non ha inciso minimamente nella storia della lettaratura e della modernità dell'Uomo e se viene ricordato nei libri è soltanto perché gli storici sono fascisti anche quando non lo sono (qualunquismo), come tutti coloro che in Italia rivestono un qualche ruolo riconosciuto. 
Come racconta Roman Jakobson nel suo libro Una generazione che ha dissipato i suoi poeti, Vladimir Vladimirovic Majakovskij e gli altri futuristi russi si rifiutarono di ricevere alla stazione il nostro futurista, vate degli atteggiamenti più stupidi e retorici tra cui "la guerra come repulisti del mondo".

Una mattina di due anni fa nella casa di Pina Piccolo ad Imola, in una appassionata quanto oziosa chiacchierata di circa due ore che non scorderò mai, il grande romanziere e saggista brasiliano Julio Monteiro Martins mi contestò questo amore "beat" (da cui nasce, per fare un esempio chiaro, la mia videopoesia Alle nostre care facce di merda...- fruibile in questo blog). 
"La beat non esiste più, inutile accanirsi, la poesia, invece, esisterà sempre" diceva il grande romanziere consumando la sua colazione di panini al formaggio e salami. Ma mentre la pioggia scendeva fitta e seria su Imola e il nostro Martins era al quinto sandwich, io gli obiettavo con veemenza e amarezza tutto il mio scetticismo sostenendo che la poesia era già morta, o comunque era diventata roba da fantasmi e che solo una rinascita della poesia beat (in realtà mai nata in Italia) poteva forse, dico forse, rappresentare un estremo atto di vita poetico, anche fosse solo per via di una respirazione bocca a bocca. Ma per quanto potevo essere realista, da poeta non avrei mai potuto scrivere il necrologio della poesia, proprio come il seppellimento dell'agricoltura non dovrebbe mai venire per mano del contadino - lo dico mentre penso a un video sulla vendita di terre romene ad aziende straniere, dove un contadino romeno recita sulla simbolica bara dell'agricoltura ( vedi in questo blog il post Salviamo la Romania).

Se Martins aveva torto ed io ragione non potremo forse mai scoprirlo, tuttavia, contro la morte della poesia io persevero nella mia strada e con la poesia in azione mi pongo sulla linea di mezzeria, nella dirittura di una possibile rivoluzione sociale e poetica da darsi in Italia non come poesia totale (Adriano Spatola ieri) né come poesia museale (Nanni Balestrini oggi) ma come una posizione d'impegno di cui il verso, l'immagine, l'urlo, la musica, il ritmo, il gesto, se usati come armi polemiche verso nemici concreti e ben individuati, possono diventare una stupenda azione rivoluzionaria. 

In omaggio alla beat generation ho creato questa videopoesia su alcuni versi di Burroughs e, soprattutto, di Allen Ginsberg. Ne sono poi seguite "azioni" video-performativi svolte sia nella rassegna cinematografica MiniarenaPigneto dell'ass. Alphaville (i grandi Patrizia e Pino!) sia in diversi locali di Roma. La parte audio è stata da me resa in loco in vivavoce. 



Alle nostre care facce di merda

Alle nostre care facce di merda e alla società sfintere

Roma sud:
Vedo il giovane del Bangladesh mano nella mano con l'amico, per le vie di Torpignattara.
Una visione di soggetti puri.
E lo vedo sorridere mentre inietta benzina, ed è sempre lui, se stesso, puro.
La Tangenziale Est è invece una visione totalmente impura.  
Etc. etc.
E lo vedo anche mentre passo davanti a un phone center adattato ad alimentari, tra amici cupi, tra sacchi di riso, sempre meno vero, confabula un destino borghese, mentre fuma sigarette italiane. 

Roma nord: 
E vedo dog sitter neri, per lo più dello SryLanka, che accompagnano cani bianchi - nella civiltà italiana del momento ovvero nella civiltà dei cani ( dico senza ironia), il primo diritto spetta al cane, poi alla persona. Tant'è vero che qui il cane ha il diritto di spedire in carcere chi lo maltratta, ha il diritto di mangiare ogni giorno, ha il diritto di abbaiare senza censura (guai a rimproverarlo!), ha il diritto di passeggiare o anche di essere completamente libero, ha il diritto di pisciare su tutto (guai a rimproverarlo!), ha il diritto di fare la toeletta, etc., mentre la persona che lo bada non ha il diritto di vivere senza il permesso di soggiorno (circa 25.000 immigrati morti nel mar Mediterraneo dal 1982 ad oggi), non ha il diritto di mangiare senza lavorare (chi gli darebbe un piatto di minestra?), non ha il diritto di parlare (se parla viene maltrattato, se tace viene maltrattato), non ha il diritto di passeggiare, di essere libero (avete mai visto un immigrato passeggiare per il centro della città o non avere impegni?), non ha il diritto di essere pulito e sano ( "l'immigrato puzza" , "l'immigrato porta microbi"). 
Insomma, l'italiano medio considera l'immigrato a un rango più basso del cane.    

L'immigrato non ha il diritto di non essere utile. 
Quando non serve un padrone serve benzina o serve ai semafori o serve ai tavoli e spesso fa tutte queste cose insieme. Ma io l'ho visto puramente (forse con la stessa quota di purezza con cui lui mi si è manifestato) e così gli ho riconosciuto il centro di questo nostro piccolo mondo italiano di cui egli è il vero centro, come chi porta il peso di un pesantissimo piccolo mondo mediocre sulla sua prima vertebra, là dove l'italiano medio non vuole vederlo, credendo quel posto suo di diritto. 

Alle nostre care facce di merda e alla società sfintere - videopoesia
https://youtu.be/S9Z4k4XfehU



To our dear faces of shit and to the sphincter society (english version)
https://youtu.be/2Gcs_Yc9ekk


alcuni versi dedicati ai ragazzi bangladesi di Roma:

Il pischelletto      ছেলে



Il pischelletto del Bangladesh al semaforo:

সিগনাল এ বাংলাদেশের একটা ছেলে

la dignità dell’Uomo ancora nel mondo.

মানুষের মর্যাদা এখনো পৃথিবী

Io so-no Ro-ma tr-e me-si*

আমি রোম এ আছি তিন মাস দরে

e gli verdeggia il marrone del viso

এবং বাঁক সবুজ বাদামী মুখ

e il sorriso , nella miseria, è più bianco;

এবং হাসি , দরিদ্র , আর অনেক সাদা

i capelli d’un nero lucente, gli occhi vivi

চুল চকচকে কালো , উজ্জ্বল চোখ

e dietro le spalle ossute lo Stato.

এবং তার চিকন শরীরের পিছনে একটা রাষ্ট্র

A piazza S. Giovanni in Laterano

বর্গক্ষেত্র S. Giovanni in Laterano

lo Stato Democratico e quello Cattolico

গণতান্ত্রিক রাষ্ট্র ও ক্যাথলিক

si tengono per mano.

দুই দলের এক মাথা

A piazza S. Giovanni in Laterano

বর্গক্ষেত্র S. Giovanni in Laterano

tutti sanno che c’e’ la Bibbia e i Vangeli,

সবাই জানে বাইবেল ও গসপেল

i diritti dell’Uomo e del Cittadino,

মানবাধিকার এবং নাগরিকতা

la Costituzione della Repubblica

প্রজাতন্ত্রের সংবিধান

e tutti i Codici e le leggi vigenti.

এবং সব কোড আর আইন আছে

Ma i suoi amici più anziani di lui

কিন্তু তার বন্দুরা যারা অনেক পুরোনো

mi schivano, aspri e paurosi.

তার তেকে দুরে সরে যাই , তিক্ত এবং ভীতিজনক

Forse conoscono il Vangelo del Reale

মনে হই ওরা জানে ধর্মবাণীর বাস্তবতা

per cui immigrare è sia un reato

যার জন্য মনে করে অভিবাসন একটা অপরাধ

che un peccato mortale, mentre lui,

এবং একটি মরা পাপ, তিনি যখন,

dal suo Vangelo interiore, ci sorride

তার থেকে ধর্মবাণী অভ্যন্তর , হাসি

come fossimo turisti, noi Padroni.

আমরা পর্যটকদের হলে , আমাদের কর্তা
.........................
.........................


                                                                                                                   * io sono a Roma da tre mesi


                                         
  

traduzione dell'amico Deepu
bangladese di Sicilia.

Se volete leggere il seguito di questa poesia o usarla scrivetemi
                poetainazione@gmail.com




***


Ed ecco le frutterie notturne della borgata

এবং এখানে ফলের দোকান রাত পৌরসভা

coi meloni accatastati e scalcianti 

বাঙ্গি সঙ্গে স্তুপীকৃত এবং সুস্থ ও সক্রিয়

su cui volano i sospiri dei bangladesi

যার উপর sighs উড়ে বাংলাদেশীরা এর

notte dopo notte mentre contano

রাতের পরে রাতের গণনা করার সময়

il denaro tra sacchi di riso e comprano casa

টাকা চালের ব্যাগ মধ্যে এবং একটি বাড়ি কিনতে

e notte dopo notte diventano borghesi.

এবং রাতের পরে রাতের হয়ে বুর্জোয়া

Ma non sono e non saranno mai come noi.

কিন্তু তারা না এবং কখনও হতে হবে আমরা হিসাবে .

Per valori immateriali scolpiscono nell'onore, 
 
জন্য মান সম্পদ খুদা সম্মান

stringono patti , propongono pericoli meravigliosi, 

pacts না , বিপদ অঙ্গবিন্যাস বিস্ময়কর

hanno cravatte povere, mogli ricche di colori

বন্ধন আছে দরিদ্র , স্ত্রীদের সমৃদ্ধ রং

e con occhi senza droga vanno nella domenica festosi.

এবং চোখ দিয়ে মাদক মুক্ত সূর্যের মধ্যে হাঁটা উল্লসিত
                                            

                                                                                                                                 traduzione di Deepu




***

In questa piazza Vittorio

che trionfa di palme italiche,

۔ non indiane ۔ e deride

l’indiano che dorme nel prato

anni fa

ho sposato il Bangladesh e,

convocato anch’io come l’immigrato,

ho portato rose rosse

ad un mondo falsamente celestino.



Oggi sono più raffinato,

porto un verbo più carico

di allora, porto guerresco il papavero

raccolto sulla via Casilina.