Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

martedì 8 dicembre 2015

Grande (Porno) Fratello e altre azioni : 4 ricerche e 2 boutades



In questo post, sfruttando l'eccezionale mezzo di ricerca qual è internet, ho collocato quattro ricerche (e due boutades) realizzate in questi ultimi anni su temi quali: 

Il programma televisivo "Il grande fratello";


cliccate sul link:   
Grande Porno Fratello



La figura umana e sociale dei gay in Italia negli ultimi anni e nella violenza cui sono oggetto;   
       cliccate sul link:  
Gay


I giovani cantanti televisivi italiani e i loro (nostri) produttori discografici in comparazione con un esempio estero: i giovani norvegesi Kings of convenience e i loro discografici; 
cliccate sul link: 
L'impatto dei telefoni cellulari sulla nostra salute 

Le boutades:

Due facce della stessa Grecia.





cliccate sul link:
Grecia














Due facce della stessa Italia.

 

cliccate sul link: Terremoto






Alcuni versi






Alcuni versi 
                               

dalla raccolta

POESIE STRAPPATE CON MIRABILE SFORZO E INAUDITA COMPOSTEZZA 
AGLI INIZI DELLA SECONDA DECADE DEL 2000 
IN UN’ITALIA CHE RUTTA 
O TACE UBRIACA


Gesù ieri oggi e domani (brandello di un poemetto zoppo)


Nel nazismo dei fulvi forni crematori
ubicati nelle pulite verdi campagne
(ne fu davvero ignaro il popolo tedesco
o piuttosto fu colpevole, come il nostro?)
furono uccisi 230.000 bambini ebrei
tra Auschwitz e Birkenau e poi

                                il domani:

consumismo di limpidi forni televisivi
pubblici e privati ubicati tra Roma e Milano
(ne siamo davvero ignari, popolo italiano,
o invece sappiamo?) dove milioni di bambini
hanno portato - ora di cena - e fatto bruciare

                “Gesù ieri oggi e domani”
scrivono di te, Dio delle televisioni,
e dicono che muovi il passo "su questa Via",
che sei "amato dai bambini", che "hai disposto
perché ti amassero ( in questa TV)"
ma poi dicono anche:
                      “sono solo bambini”
anche questa è una frase loro, Luogo Comune
di quelli che là dentro parlano con apologia
dell'infanzia e sembrano i buoni coi monelli
preti e genitori uniti in un'orgia senza nome

               “Gesù ieri oggi e domani!”
e s'inginocchiano, e mani sulle testoline,
e mostruosi amorosi liberali con arpione
che strappa tessuti di purezza, nostra Nazione
calmo lager in cui i bambini
                       "sono solo bambini"
e - per programma - diventano gomma,
oggetti di morte in mani pretesche,
contratti per glorie televisive
da contarne l'indomani i numeri
                         
                       "sono solo bambini"
          o la nostra NUOVA GENERAZIONE?
(dico io ma chi mi ascolta?)
Imitano i famosi, conciati come loro,
piccolissimi candidi in studios bunker
mischio di donnacce, guitti, comici
tristi come quei pubblici claque e
               “Gesù ieri oggi e domani”
i bambini mutano in guitti perfetti
assassini e suicidi del domani
tra applausi di morti, microfoni,
caverna d'italia buia macchina di luci
                       ieri e oggi e domani?
(Sarà davvero così anche domani?)

Sono sicuro che possiamo riaverlo
il grande BAMBINO DENTRO
dalle percosse della Chiesa e del Regno
fosse anche dall'orgia più oscura
possiamo riaverlo, strapparlo all'arpione!

Verginità, Innocenza, Timidezza, Stupore
torneranno alla nativa sorgente
(dove sono stato anch'io e tutti…)
e sarà la NUOVA GENERAZIONE
a distruggere per sua mano questi forni
 ....................
.......................
.....................



***

Dopo la piena ho visto il Tevere


Dopo la piena ho visto il Tevere.
Si chiama “piena” la sua massima espressione,
il suo atto magnifico, con dignità di gigante.
Anche l’Uomo ha il suo atto magnifico
e la sua dignità può essere gigantesca
nel “pieno” della sua espressione umana.

Ma dopo la piena ho visto gli alberi vestiti di stracci:
i rami superbi attoniti, acconciati con brandelli di buste,
plastiche colorate e nere di sacchi pendenti ovunque.
La vista reale, in questa Roma, è sempre più reale
se l'ignoranza ci offre questo suo specchio.

Ho visto la montagna lontana dietro i gas,
e quest’acqua violentata sotto i nostri occhi
che sempre tenta la sua sorgiva verginità.

Ho visto il dio “biondo” stranito e alieno
come quel trans trattato da bestia,
lungo corpo livido tra queste rive.

Ho visto i blasfemi corvi dominarlo
e i topi viscidi farvi tane,
gli esseri più infimi amarlo.

Io che sono sceso nella sua fossa
tra le acque maculate di liquame
ho visto.




***




Lezioni

          I


Si dovrebbe sempre essere armati
di penna, apparato fotografico, telecamera, etc.
quando si passeggia nel tempo scampato
alla compressione e alla depressione,
e per vie, spiagge, prati
come reduci di guerra o ex-carcerati
andiamo belli così, in bicicletta
o sulle meravigliose gambe.

Ma ci hanno educato ad esser depressi
e compressi sotto i dettati!

O sole, albero, ragazza leggera sul prato,
o vortice d’aria che dal sentiero alzi
quel fantasma che avvolto in una sciarpa
di foglie e cartacce cammina superbo
finché nell’aria vasta si sfalda.


          II


Romanza n.2 di Beethoven
seduti in macchina
e viaggiare

Da una finestra
affacciati in borgata
incidere versi

Strumenti ci aspettano
stazioni di treno ci chiamano
aeroplani ci provocano

Ma i soldi non permettono, dobbiamo contarli inchiodati
i carri armati si posizionano, dobbiamo includerli nelle mappe
e nelle poesie


Poesie?
Sì, questo bambino registrato all’anagrafe
trentanove anni fa
vorrebbe nutrirsi di poesia, essere degno della vita.


           III

A qualche lezione d’adulto hanno portato
questo uomo
che voleva dimenticare d’essere adulto
per quel senso arcano
che ci fa preferire al cemento l’erba.

Mi promettevo di svelare quel bambino
coperto di croste, il piccolo innocente
contro il grande dittatore
mi sembrava l’unico dovere!

Ma il bimbetto, già creatore
di poesie, è stato portato alla scuola
e lì castrato.

Scuola del contare i soldi intascati
con l’entusiasmo dei carcerati
che contano i giorni; scuola
del trascinarsi ambiziosi
nella pochezza… Basta!
invoco la mia morte di borghese
reclamo la vita di quel bambino
affermo che delle mie trentanove annate
è certo lui il mio sapore più sacro:
i miei mille poemi
i miei prati da atleta
i miei balzi lunghi da felino
scappato allo zoo di Stato.




***



Vino distillato dalle piaghe
angelo ricavato dal dolore
oggi compio, qui, l’ennesimo delitto
- delitto della poesia!

Il bambino ricuce così la sua ferita
- chirurgia di parole.

Ma quale gesto lo ha squartato?
forse un uncino di bocche truccate
che hanno parlato una lingua non vera,
o quel gigante che chiamano abbandono,
o quel nulla che ha distratto il genitore.

Ma non importa ormai - in questo mattino
illuminato d’immenso orrore,
qui nel futuro avverato - quale delitto
abbia reso così feroce il bambino
fino a farlo urlare con voce maschia
e per mille fogli senza orario né meta consumarlo
- oh poesia di una biro così seria!

Senza l’ultimo pudore cosa resta?
nella vocazione di un provocatore
non c’è poesia, no, pulsa una bieca
impudica ispezione da squartatore.

Si sa, il bambino che non si sente amato
risponde così: inconsciamente s’ammala
e muore – mentre colui che è ben dotato
di poetico talento procede e s’alza
nel delitto, angelico distruttore.





***




O lingua italiana
gabbia della mia lingua nativa
materna, paterna, fraterna
avuta in ogni possibile modo
e che in ogni modo mi tiene
fammi uscire!

Vediamo già da troppo tempo
oltre questa cintura di cattiveria,
confini che ci spetta di rompere.

La morte gioca qui con libertà
e i suoi maestri sono noti, finché
entra con forza nei nostri girotondi
amorosi, vitali, divinamente puerili.

Ho cercato di respingere quella mano
che si ostina a voler cogliere la mia,
a farci girare, a girare con noi.

Ieri sera è stata un’altra sera
che potrei dire “non venuta dalla mia mano”,
né mia, né nostra, né di nessuno
e nemmeno di questa lingua, non italiana.

Ma io come poeta, leccato per primo
da questa lingua di morte, sono il primo
tra i morti, il primo tra gli italiani.