Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

martedì 12 gennaio 2016

stranamente giovani













Vanno strani uomini






Magri polmoni della terra
peli d'erba unta
e in lontananza un colle
col suo palazzone
uguale per ogni città
e strade che hanno perso i nomi
o ne prendono da nessuno
come a Ponte di Nona o a Corviale
"via Antonio Caltagirone industriale"

E affondano le geometrie
i parallelepipedi abitati
o caduti dal cielo
o verso l'alto soffiati 
da nuovi venti atomici 

E vanno strani uomini 
e passano al silenzioso fiore scampato
su autobus di ritorno 
uomini e donne sopravvissuti

E fondano una nuova stirpe
in questo grembo-millennio sfatto
in questo mattino-cammino ignaro 
nello strano calore-ghiaccio
nello strano maggio glaciale
strano sangue-delirio vetro-metallo
da Laurentino al Corviale

E gettano muti e soli qualche seme 
nella terra dei palazzoni della strana città
che non è più nemmeno antica
nel deserto impudico delle sacre gru-croci
che cambiano assetto nel nostro Corpo
e fanno apolide la nazione 
e chimica l'erba che non è più bella
 e di cemento sacro la religione

Vanno sotto bianche nuvole feroci 
strani uomini in vecchi embrioni 
di città italiche e ignote uova di palazzoni
sotto gli attuali cieli cesio-benzene 

Uomini manuali e informatici
per città sconosciute come le nuove piogge
 in scrosci violenti dall΄ozono-voragine
 sulle finestre aperte per reduce gioia di vivere
da Hiroshima a Fukushima tra tsunami 
stampati come monete nell'alluvione

E questi uomini incontrano, 
magari in un giorno di domenica,
come fosse ancora il giorno di qualche Dio,
il vivace e giallo sole della "nazione"
marchio sulla pelle in piccole macchie 
sul viso che è sempre più strano  
dopo il buio infrasettimanale della vita normale

E in massa si consolano
nella domenica di sole consolatorio 
da ogni brutta piega della vita nazionale 
su cui ancora in cielo azzurro stampato è il sole 
e sulla scuola distrutta e sul misero lavoro
 e su ogni fabbrica d'uomini morti 
in questa televisione o in questo nostro mare.