Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

martedì 19 dicembre 2023

 






Da quel che so ancora nelle campagne siciliane

ancora e ancora c'è un po' di malaria,

là dove i fratelli calpestano i fratelli per il potere

e l'Odio che agisce è peste!

Ma qui a Roma non c'è più nulla,

nemmeno un batterio che venga dalla natura, 

e se prendiamo il nostro Tevere come referente

melma non può esser confusa con fiume

e sasso non è sorgente... insomma c'è malattia

vistosa e innegabile, Odio che agisce indifferente!

 

Avevo capito già tutto a sette anni d'età

quando tacevo, guardavo e ascoltavo

e non era solo la mia solita timidità, no,

percepivo così l'Odio Santo che tutto avvolge

a cui il Gran Mondo ossequioso si porge

così come allora rimetteva la sua innocenza.

Ma il piccolo mondo sottomesso ancora

e ancora e ancora vi si gratta i ginocchi

e a quest'Odio vi si lega mani e piedi

ed io che lo vedo oggi

lo ricordo antico come ieri

 

Intorno all'Odio, quel che accampa

è fonte asciutta, è sasso, come ho detto,

o al massimo è fango di corpi corrotti...

Ma non voglio esagerare, inciampare

nel lirismo... che non si dica "maledetto " 

di me che non sono più nemmeno poeta,

che ho un male dentro che non permette;

e non sono nemmeno un "ipersensibile",

un poveraccio che deve esser consolato;

e non saggio, no, e non ragionevole

io che so solo quel che dovremmo sapere

in questo mondo del resto già noto

 

La mafia vuole che i suoi fratelli

contadini lavorino dodici ore al giorno,

e sapere questo è già un gran sapere

perché sapendo io so come devo agire

e forse evito il propagarsi di quel potere,

e forse impedisco la caduta dei fratelli...

Ma io vivo a Roma, e i fratelli siciliani

stanno per me solo in poesia, come valore;

e tuttavia anch'io ho qui diversi fratelli,

sia per materna biologia piena di cuore

sia per altri fratelli che sono astratti e dire

non so; come certi amici, o quelli

che mi sono fraterni in quanto poeti, o

coloro che furono con me sindacalisti.

Ma non vorrei - se dovessero uccidermi

poiché "diffamo" il potere e il suo Odio -

si schierassero col nemico in quel giorno;

fossero mutati come certi partigiani

rimbambiti, centristi e sempre più destrorsi.

 

Il quadro della situazione sfugge di mano;

museo della storia le cui sale sono buie

e la Storia, pure lei, mostra luci strane,

come di squame, come per mutazione

di ampliato serpente... vincastro che morde

il pastore... Virgilio avvelenato dal suo Coridone

che nel frattempo è divenuto talmente stronzo...

Come se Pasolini venisse querelato da Ninetto!

Odio che è abiura sottile e querela d'avvocati,

non più potenza data in grossi e rozzi chiodi

posti nelle carni gentili, al tempo d'Innocenza.

No, non mi impressionano le facce del Potere,

il Sottosegretario alla Cultura ladro di Manetti!

No, può urlare enfio e vermiglio quanto vuole...

e anch'io potrei gridare... come il quadro rubato

grida nel suo assurdo mistero, in cui è silente;

o come quel pastore morso dal serpente

ma non ucciso da veleno diretto, no, sbranato,

morso altrove, dentro le sacre viscere lentamente.

Sacro per ciò che era puro intorno e luminoso

per secoli, millenni, e non buio come adesso,

per soli pochi decenni di penetrante potere.

 

È così che il rabbioso lupo prende il pastore,

e colui che fu paziente oggi è ossesso,

e anch'io conoscono ormai troppo bene

questa voglia di emettere urli che mi preme,

e di pestare quel serpente che non striscia più

ma è già nella mia mano e più interno e più su

nella mente impressionata, nel cuore introverso.

E tuttavia questa mia rabbia non è vero Odio,

non è come chi regna sul "volgo ignorante",

non è il dannunziano mostro o sottosegretario

o ministro o insignito professore... no, il mio

ululato, ma soave, è verso di bestia e di giustizia,

portatore di luna, come un bosco o un mare,

bosco fitto di poesia, mare aperto di domande,

ed è verso di rabbia su cui non alligna furbizia...

L'Odio, invece, non è che meschino bruciore

in cui l'ometto arde imbelle e dissimulante.

No, su questo mio "odio" non posso presentare

rapporti in cifre e ufficiali registri di nequizia,

perché il mio non è il vero Odio, di potere,

quello che tra gli altri dèi muove il Paese intero

e che pertanto io dico ampio e duro da lottare

e lo chiamo nemico che rode gli amici,

e lo chiamo come un dio uno e multiforme

che dovremmo prima o poi capire e disamare...

 

L'Odio del furbo, l'autorizzato imbonitore,

e l'Odio del fesso, l'imbonito pieno di livore;

e l'Odio del politicante traditore degli elettori

e questi che, traditi, lo stimano con Odio;

e l'Odio del capufficio e l'Odio del subalterno;

e l'Odio del populista verso il suo popolo;

e l'Odio del regista verso il suo pubblico;

e l'Odio subdolo del patriota verso lo Stato;

e l'Odio che è nella mafia come ambizione...

E qui torno alla Sicilia, io che sono di Roma,

proprio come una certa Sicilia mira su Roma,

ma non certo fraterna e poetica come me. 

 

Affacciandosi sulle campagne corrotte da se stesso

sentiamo il mafioso dire "La poltrona è a Roma"

e in questa frase è la sua idea di potere, di Palazzo,

di politicanti amici ma alieni e corrotte mura.

E in essa anche l'idea di tutto il suo disprezzo

per ogni suo fratello operoso tra sementi o capre.

Ma Odio meschino non tocca chi non è meschino!

Colui che si affaccia da caserma o da Procura

e tutta la città è santificata da quello sguardo puro

di giudice, di poliziotto, di uomo di giustizia...

E il pastore che porta la propria libertà vera

e il contadino che semina nella sua idea vera...

o chi come poeta queste verità mette in propizia

forma da impugnare e issare come bandiera

e tesse perciò questi fili di gente diversa e ignara:

filo di fatica contadina, filo di libertà pastorale... 

 

Se c'è ancora malaria nelle campagne siciliane

chi la subisce si infetta e nel letto si dimena,

ma anche un poeta nella sua febbre si dimena,

qui nel suo letto, nel suo tessuto, nel suo grido

di fratelli siciliani e fratelli romani, boschi e luna,  

e Odio smascherato è solo ignobile dissidio:

chi uccide da un lato, chi dall'altro viene ucciso,

Remo che giace, Romolo assassino per la poltrona.

 

 

 

 

 

 

 


 



                 pensando a questo governo fascista con integrazione di sinistra

                 però nella nuova cornice di quel dipinto tagliato e rubato

                 dal Sottosegretario ai Beni Culturali Sgarbi Vittorio

                 il cui incarico è la tutela del patrimonio artistico 



Nelle carni gentili

con chiodi grossi e rozzi

ci hanno crocifissi

Potere è fabbro

e fabbrica di chiodi

 

Al sole che sorge sulle colline

si sono levati i ragazzi

e le ragazze dai mari

colline verdi e di croci

marine d'Italia in corpi muti

 

Così li hanno voluti

questi loro figli morti

ma i figli sono duri a morire

e invocano come tanti Gesù

un dio che li faccia risorti

 

Padri di Patria e Potere

chiodi grossi e rozzi

portano nelle carni d'Italia

i ragazzi gentili

quanto dolore, quanto dolore!