Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

martedì 12 aprile 2022

 


Nichilismo



Una mattina un gregge allegro di capre sale e scende da un tetto

un'altra mattina un'upupa perplessa siede su un palo e mi guarda

un'altra mattina io sto potando con fatica tra gatti oziosi

un'altra mattina scoppiano solitari muggiti lontani

un'altra mattina potando mi sento beato:

solo ramoscelli in punta di forbice,

ma l'ulivo che incontro la mattina seguente è malato:

scelgo di amputare un arto poderoso come la mia gamba

e così da oltre un mese nell'uliveto procedo

finché la campagna conosce i miei silenzi:

il baratro dei tormenti sondati con la ragione

su cui oscillo da sempre aggrappato a questo rametto di poesia

e sono per la campagna anch'io un animale del paradiso

e con la mia angoscia in verdi grumi un virus temuto

 

Questa mattina la mostruosa e ambita Roma tronca

ogni gioia con attrezzi ben peggiori di quelli che ho in mano,

un morso di futili spaventose tronchesi

e la poesia svanisce con tutta la natura.

Le capre al di là della rete mi sollecitano un sorriso dolente

con l'innocenza di due capretti saltellanti

ma questo mi fa pensare nuovamente alla gioventù 

che perdiamo nell'inferno, a questa Roma che cresce nel corpo

ma non nella mente pur dichiarandosi "intellettuale",

nella presunzione di chi ignora volutamente il vero sapere

mentre sperimenta droghe perché lo impone

la condizione libertaria dell'artista "sperimentale",

e Rimbaud e Nietzsche e perfino D'annunzio ritornano

e si mischiano in un nuovo fascismo psicotico e più volgare

 

Oh, tutta la poesia che ho stretto nelle mani!

La forza vitale e intelligente della poesia.

Oggi invece declino, come un vecchio sole,

la depressione mai provata mi lega le mani.

Ma una rabbia mista a pena forse un po' mi solleva,

solvendo pur con acidi quel grumo mortuario.

Risolvo così e capisco che il primo dolore dell'uomo è dato

dall'innocenza finita, e questo è più intenso

quanto più è intensa la miseria che vi pone fine,

e che per amore del corrotto siamo disarmati.

Oh che ne sarà di noi portatori di vive ragioni contro il nichilismo

e di loro così giovani che nella morte del nichilismo vedono una vita?

Questa è la mattina in cui i morti seppelliscono i vivi

e chi è vivo muore trascinando ogni suo verso nella fossa.







martedì 5 aprile 2022

 






Questa  è una poesia per i gatti

per ogni gatto, non soltanto per loro.

Ed è forse una preghiera, ma a quale Dio?

Alla dea gioiosa e pericolosa della Campagna?

Ai lari della Casa che li ospita in pace?

Al Dio del Sonno sicuramente,

l'umile e gigantesco Morfeo dei gatti.

E la Luna non è per loro una divinità quanto per me,

così lupesca e poetica che vien voglia di ululare

e legger versi di Jules Laforgue.

Ma in fondo cosa se ne fa di una luna piena

o di un mezzo Dio questo piccolo eroe?

Il presunto miagolio dei gatti è un prodotto umano,

mentre il vero è più sordo e roco e indistinguibile.

Quando mia madre coglieva le olive,

la saggia gatta di mezza età le si mise accanto

impassibile e con le zampe conserte

raccolte nella sua coda, e ambigua,

aspettando una carezza proprio da chi evita i gatti,   

una carezza ambigua, da persona sedotta

e questo avveniva come in una foto

e chissà per quale memoria futura,

forse per questa poesia.

I gatti emettono versi soprattutto con gli occhi

e con un corpicino dal tocco benedicente.

Cieco è chi non vede la vera natura

della loro minuta completezza

e spesso è cieco quell'uomo mediocre  

compiaciuto del proprio corrispondente cane.

Il loro ancheggiare è supremo

nella savana della città come nella Campagna

e il loro iride chiaro fino al colmo dei verdi o dei gialli

è di una grande, disarmante purezza,

la loro migliore arma nella notte.

Neanche il cane più elegante

può vincere la leggiadria del gatto

e il bravo cagnolone soccorritore

potrà forse salvarmi dal tragico incidente

ma la sua azione nasce e muore nel teatro umano,

che è il teatro dell'egoismo sporco degli uomini;

mentre il gatto, pronto a sbranare l'uomo svenuto,

rende nobile il limpido egoismo di tutta la natura.

Animale che piace all'uomo di città

quando domestico gratta la porta per entrare,

io lo apprezzo con stima maggiore

quando selvatico sta alla porta per uscire.

Quale altro animale vicino a noi è così bello?

Nemmeno l'alto e lucente cavallo

tiene il confronto con la tigre o la pantera

e io credo che, messo davanti al piccolo felino,

subito svanirebbe se fosse un Pegaso nano.

Quale altro animale è così teneramente goffo

quando lo è a dispetto della propria agile natura?

Quale altro animale è così interessante?

Lo è forse l'istrice dai lunghi spini d'avorio?

Lo è forse il riccio che trotterella bombato?

Lo è forse la talpa dalle grosse mani da operaia?

Lo è forse il geco che sfida la forza dei gravi?

Lo è forse il ragno che fila sulla mosca il suo zucchero?

Lo è forse l'antica lucertola regina del sole?

Tutti questi esempi di stupenda fauna

non ci conducono mai fuori dalla natura

come fa il gatto statuario e dormiglione,

per metà filosofo e per metà straccione,

vocato a predatore o pigro.

Amico ma non compagno,

riconoscente ma non servile,

mai eccessivo né alla gioia né al dolore

né alla luna né al sole... bestiola a cui l'uomo

non riconosce bontà o amore

eppure io so che le interiori convulsioni dette fusa

sono per lui conoscenza d'amore pagata con l'angoscia,

e sono tutto un disegno di felicità e confessione,

navi che partono per le Indie e scoprono l'America.

Quando il gatto dorme bene a volte sorride e sempre sogna,

con la linguetta rosa pallido scivolata fuori dalle labbra

e sotto quel nasino che è fatto di una plastica aliena.

La luce gioca con gli occhi accesi del gatto

come una maga con le sue ampolle,

e quel poco di luce che sta nella tenebra

viene usata dagli occhi  felini come non sappiamo.

Oggi il gatto detesta sempre più il regno dell'estate

poiché questa è innaturale e inferocita dall'uomo

ed è un vero prodotto eccessivo anche per noi

che annienta il gatto come annienta i nostri vecchi;

e per non boccheggiare nella savana sceglie la casa,

ma soltanto per un minuto quale tempo di reazione

all'incendio con l'arma di un pavimento fresco;

e allora il copriletto d'inverno diventa innominabile

sebbene io so che non ne ha perso il ricordo

nella sua memoria di gatto, o d'elefante!

Il gatto ama il poco e non il tanto

perciò le sue abitudini non vanno confuse

con la corruttrice comodità della borghesia,

e si muove sempre come zingaro sovrappensiero

ai bordi di una strada trafficata

e come lo zingaro ci indica l'orlo dell'abisso.

Il gatto è più che sincero con la natura animale

e perciò nessuno potrà mai abbandonarlo,

come capita agli amati cani sull'autostrada,

e sa che l'idea del padrone è a priori errata

e tutto il capitalismo dovrebbe farsi fottere!

Preferisce un amico giocatore a un amico lavoratore

e perciò mi rimprovera quando lavoro come un servo

la mia terra e potando, falciando o altro non bado

alla sua bella pancia e alla sua languida occhiata;

ed è talmente amante del gioco che se l'altro non gioca

o schiva lo spasso allora lo spasso si fa sanguinario

e nello schiaffo bonario ci mette gli artigli.