Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

sabato 1 febbraio 2025

 


  -  1.2.2025  -


                                         E se fossimo tutti in carcere?



Il testo che segue, in parte è una provocazione in parte no. La parte provocatoria riguarda l'aspetto fisico della libertà:le mura di un carcere sono una quasi totale privazione di libertà fisica (movimento, spostamento, viaggio ecc.) e ciò è innegabile. Per il resto, tutto ciò che ho scritto è valido non come provocazione ma come il portato di una osservazione realistica dello stato delle cose ovvero la realtà apparentemente non carceraria, quella esterna alle carceri.  Nella realtà esterna al carcere ogni movimento e viaggio, soprattutto sul piano metafisico (ideale, artistico-espressivo, filosofico, di pensiero, di parola  ecc.) è imprigionato e compromesso a priori, quando non è censurato a posteriori. Chiunque esprima una idea fortemente opposta al potere e non abbia legami col potere che lo proteggano dalla censura viene censurato, come è successo - anche - al sottoscritto quando hanno chiuso senza motivo e senza appello il mio canale su youtube. La stessa libertà dei migranti, come gli ultimi 43 deportati in Albania, la dice lunga sulla situazione della libertà oggi in paesi fascisti come il nostro. D'altra parte, il fascismo del PD, che dovrebbe essere opposizione al fascismo di destra, sempre recentemente ha chiuso un centro sociale a Bologna perché trasmetteva documentari "filorussi" e simili idee incompatibili con la democrazia fascista italiana. Se analizziamo queste due vicende con uno sguardo anche soltanto elementare vediamo subito come gli stessi confini nazionali sono un prolungamento delle mura carcerarie, in cui i fautori dei confini si e ci confinano, così come vediamo che gli stessi visti e documenti di viaggio-passaggio limitano o letteralmente impediscono la libertà, soprattutto per i poveri; ma vediamo anche come sul piano delle idee la propaganda antirussa è un altro regime carcerario e peggio, ovvero totale privazione di libertà, inflitta attraverso un regime invisibile e immersivo in cui le nostre menti ricevono un trattamento specifico che nemmeno in carcere viene esercitato, e questa è la politica e la comunicazione televisiva corrente, inclusi molti giornali. Inutile infine aggiungere che questa nostra libertà, tra visti, passaporti e la suddetta immersiva propaganda, sia un diritto solo borghese, quali cittadini dei paesi borghesi che garantiscono solo a se stessi questa sorta di libertà ridicola e compromessa.




E se fossimo tutti in carcere?

 


Il carcere è comunemente inaccettabile, se vissuto su se stessi.

Nessuno vorrebbe andare in carcere, nemmeno un suicida.

Che poi lo si voglia assicurare agli altri è un altro conto.

Che lo si voglia infliggere al prossimo tuo

come ciò che non vuoi sia inflitto a te stesso è un altro conto.

Tanto è vero che oggi i carceri sono sovraffollati,

mentre le chiese, i cinema, i teatri sono deserti.

I carceri sono sovraffollati, forse, come i centri commerciali a Natale.

Nemmeno i centri commerciali sono così affollati.   

Noi sentiamo parlare di libertà tutti i giorni,

qui nei Paesi cosiddetti sviluppati, ma altrettanto sentiamo parlare 

                                                                                                               di sicurezza,

e il carcere è la massima espressione di questo concetto,

sebbene non ne vogliamo sentir parlare direttamente perché inaccettabile.

Il carcere è l'obiettivo subliminale e finale della sicurezza.

Chi sgarra, anche di poco, dalla legge dei libertari e dei liberisti, 

                                                                                                     finisce in carcere.  

Ma solo se si tratta di persone appartenenti ai ceti bassi.

Più ne è basso il ceto sociale più la società li annienta così,

tanto è vero che nelle carceri ci sono maggiormente i più poveri:

immigrati, ladruncoli delle periferie ecc.

Certo, devono essere messi lì anche i grandi mafiosi,

gli assassini seriali, e di solito dopo processi plateali.

Questo perché il carcere è anche una Nemesis. Una punizione simbolica

che deve educare la società, o meglio: terrorizzarla, o impressionarla.

Una punizione che viene dall'alto, dall'Olimpo della magistratura, 

                                                                                                                della politica.

Al di sopra del quale c'è solo l'Olimpo dell'economia.

I politici e i magistrati non vanno mai in carcere.

Anche condannati per reati gravi, vengono al massimo condannati 

                                                                                                          ai servizi sociali.

E anche questo dato rientra nelle statistiche.

Vi sono e vi sono stati imprenditori "scesi" in politica

perché temevano di essere condannati,

per associazione mafiosa e altri reati gravissimi.

Il carcere è talmente simbolico, mitologico nella cosmogonia borghese

che detiene i Paesi sviluppati, che sono molti i film che lo rappresentano,

e sempre ovviamente con spirito opposto al carcere,

proprio perché nessuno si immedesima in ciò che non accetta,

ma si immedesima nello spirito contrario: le fughe dai carceri.

Tra i carcerati che tramano e fuggono, e quelli che soffrono e si suicidano,

già tra questi due temi, tra la fuga e la sofferenza, tutti preferiscono

                                                                                                                        il primo.

Neanche il borghese più impietoso e sadico, ovvero il perfetto borghese,

assisterebbe con più gusto a un film che trattasse il secondo tema,

per quanto la sofferenza anche tragica nella mancanza di libertà

e negli spazi angusti di questa mancanza, tra psicologie che debordano,

impazziscono, abusi vari ecc., sarebbe certamente uno spettacolo sadico 

                                                                                                                   migliore. 

    

Ma tutto questo è rifiutato a priori, tant'è che non esiste un film senza fuga,

proprio perché il carcerato non è libero,

mentre per quanto riguarda abusi e sofferenza non bisogna essere 

                                                                                                                     carcerati:

la vita di tutti i giorni è molto dolorosa in questa società

non meno priva di abusi e sofferenze imposte,

che sono anche maggiori, più tragiche e superiori anche per numero.

Ma sono sofferenze diverse.

Come il dolore di non essere adeguati a questa società di liberi.

E questa è la prima di tutte le sofferenze.

Nella società comunista chi non aveva lavoro lo riceveva dallo Stato,

mentre nella società capitalista, per di più fino a poco fa detta liberista,

vi sono addirittura i disoccupati suicidi,

o una massa che non riesce a guadagnare abbastanza per non deprimersi,

o che svolge più lavori, e questo anche per sentirsi all'altezza dei ricchi.

Ma a parte il campo del lavoro, in cui qualche valore e qualche scopo

                                                                                                                        restano,

è nella società libera, e paradossalmente proprio nella sua libertà,

in quanto individualista e caotica, imposta e opprimente,

non filosofica, non incorporata in una scala di valori

né sostenuta da nessuna idea che non sia slogan propagandistico,

che prendono corpo le peggiori angosce e pulsioni di morte.

Qui dove le sole assiologie esistenti sono interne ai distinti settori sociali:                                     

dall'economia coi suoi parametri, basati sulla ricchezza materiale,

alle varie scienze coi loro parametri etici e deontologici, banalmente 

                                                                                                               professionali.

Nella società della libertà che conosciamo oggi

una persona intelligente viene costantemente umiliata,

un artista che non sia uno scrittorucolo televisivo viene umiliato,

una persona autenticamente religiosa viene umiliata e via dicendo.

Ma io dico che anche una persona sana di mente, in questa follia sociale,

viene umiliata, ed anzi cancellata, portata all'esasperazione, alla follia.

Abbiamo dati statistici anche in questo senso,

e soprattutto, guarda caso, riguardano i più giovani.

Essendo i più innocenti e i più sani, vengono sporcati e avvelenati

(nella tragedia greca le colpe dei padri ricadono sui figli). 

Questo stato di cose, ovvero questa società, propone loro i suoi esempi:

a partire dalla gente dello spettacolo più vacua e corrotta che si possa 

                                                                                                                        onorare

passando per i reali d'Inghilterra, i grandi capitalisti che vanno su Marte,

gli imprenditori che festeggiano i terremoti, i capi di Stato guerrafondai

e tutti i politici e gli amministratori corrotti e invischiati ecc.

Insieme a questi vi sono i personaggi del cinema e delle fiction televisive,

i personaggi di youtube, i personaggi dei social, in un miscuglio tra 

                                                                                                         finzione e realtà,

persone vere e personaggi d'invenzione, così come tra eroi e antieroi.

Questo caos, nutrito di irrealtà, forma la categoria di questa libertà,

che a sua volta diventa, anche per la sua capacità di affermazione,

di imposizione tramite mass media e tecnologia, una categoria 

                                                                                                                dell'essere.    

Questo è lo stato di cose in cui la massa è immersa, con incoscienza.

Questo che è già ampiamente visibile in quanto ho detto sopra, 

e che voglio ora riepilogare per l'obliante lettore. 

Diseguaglianza sociale, criminale e libera prepotenza dei ricchi

e di alcuni ambienti, inadeguatezza agli esempi e ai modelli,

il carcere stesso di cui stiamo parlando, pieno dei nostri fratelli, e delle 

                                                                                                              nostre sorelle,

ma soprattutto il vuoto, l'oblio e lo sbando

caratteristici di questa società di cui facciamo esperienza tutti i giorni,

e quindi la sua libertà, in cui si condensa e si amplia ogni male:

dalla cattiva libertà degli altri, dei fratelli liberi, alla nostra,

dal disprezzo alla stupidità, dalla vanità alla pochezza, dalla volgarità alla 

                                                                                                                         violenza.

Dalla mancanza di gioia e di innocenza, alla droga e perfino alla sigaretta.

Una madre incupita che fuma alla finestra per non debordare troppo sui 

                                                                                                                                figli

e quella finestra che assume di colpo la valenza di una finestra carceraria,

e non affaccia sulla natura e sulla bellezza

ma su altre finestre nella prospettiva dei palazzi borghesi,

che siano più o meno intensivi o architettonicamente simpatici.

Qui un figlio sputa in faccia alla madre.

Qui la madre uccide il figlio, gettandolo in un cassonetto.

Qui il padre spaccia droga, ed anche lo zio.

Qui il figlio contrae dipendenza da videogiochi.       

Qui il fratello è tossico, oppure, per contro, è ossessivo salutista.

Qui la cognata è diventata buddista e suo figlio la odia

perché è una madre separata che porta a casa altri uomini,

ma questa che potrebbe essere la tematica di una tragedia greca

e risolversi, o appianarsi, proprio con l'antica terapia psicologica del teatro,

ecco che in questa società, libera anche dal teatro, poiché esso non è merce,

il dolore rimane nei cuori, e tuttavia non può essere che non trovi sfogo,

ma dato che i cuori, nella massa, sono avvelenati dalla società di massa,

questi rottami mostruosi trovano il loro naturale sfogo

nell'innaturale, irreale, cattiva e caotica rosa di possibilità che hanno.

E le violenze sentite, di ogni tipo, si scaricano mediante violenze inaudite. 

Ma vi è anche un livello più spicciolo della violenza sociale

in cui siamo immersi, e lo siamo tutti, dalla massa all'eremita.

Ad esempio la presenza generalizzata, e in parte legalizzata, dei truffatori,

degli avidi, dei disonesti - e della libertà capitalista godono anche loro.

Penso alle aziende che gestiscono i nostri diritti essenziali 

come acqua, corrente, strade ecc.; quindi anche le banche,

da cui siamo costretti a passare non potendo pagare in contanti;

e se usiamo la macchina perché il mezzo pubblico è penoso

l'automobile è comunque un egoismo che non possiamo permetterci,

e lo sappiamo, ma l'egoismo è incontrollabile in questa libertà.

E non da ultimo, tra le storture e le iniquità, le industrie del cibo:

i cibi preconfezionati, i mari di plastica, il veleno dei pesticidi ecc.

Vi è poi il livello della cultura, che dico per ultimo ma è primario.

E comunque valga già l'esempio fatto del teatro che non esiste,

del rito collettivo ampiamente cancellato. E delle fiction televisive,

nelle quali tutti questi esempi e modelli si confermano e si rafforzano.

Ed ogni arte segue la stessa sorte del teatro: o muore o è reclusa,

e i mondi sferici in cui è reclusa non hanno nemmeno le finestre.

E non sempre l'arte che muore finisce nel cimitero dei musei,

perché questa società non vive nemmeno di musei, che non sono merci.

Qui dove il senso della vita non è più scandito dalle stagioni

né dalle tradizioni popolari che le accompagnavano,

perché la borghesia le ha cancellate o quasi cancellate,

proprio come ha quasi cancellato le foreste,

la natura, di cui fanno parte le stagioni.      

Anch'io sono abbastanza convinto di essere libero

e forse chi propaganda la libertà è meno convinto di me nell'ammirarla,

però io mi chiedo: siamo sicuri che non staremmo meglio

se ci trovassimo in carcere?

Forse là dentro matureremmo un vero valore della vita,

e quindi della libertà, che è inalienabile dal valore della vita.

Forse avremmo un nemico con cui prendercela,

fosse pure la clausura, la società repressiva, la Direzione carceraria,

e quindi uno scopo andrebbe a nobilitare i nostri giorni.

Forse là dentro potremmo leggere molti più libri e liberarci

dall'ignoranza; e potremmo unirci meglio agli altri,

che non sarebbero più gli altri, isolati dall'individualismo.

Quindi potremmo scoprire sentimenti umani fondamentali,

che dalla libertà individualista sono soffocati.  

Certo potremmo anche vivere una tragedia, là dentro,

ma questa di solito è superiore alla commedia.

Forse là dentro potremmo conoscere altre cose essenziali

e forse arrivare alla verità, quindi morire appagati.

Sembra che i carcerati sentano fortemente la primavera

e non sono convinto che la massa, libera di goderne, la senta come loro. 

E chissà se anch'io che scrivo questa prosa poesia,

credendo di operare con molto rigore,

non mi muova in realtà, con molto rigore, su delle superfici.