Diario della morte italiana

Diario della morte italiana

giovedì 11 maggio 2023

 

 

 

 Campagna

                                  dedicata ad Anda-Ioana Ardeleanu che detesta la Veccia

 

Leguminosa amorevole carnivora

qualcuno ti ha chiamata "Veccia"

e microrganismi simbionti fertilizzanti

tutti assiepati nella rizosfera

a "rendere fertile" - che bella frase! -

il sasso umido e asciutto della Terra.

La Campagna ha i suoi maghi

come le grigie borgate i fruttaroli

e sugli asfalti ciechi e sbriciolati

cassette di pomi, lucenti colori.

Sì, i migliori beni li respingiamo

in Città ma anche in Natura:

ignari i nostri piedi vivono su radici

come le città vivono sempre sui cibi

- la Campagna sfama ancora le Città! -

ma ciò che credono importante, là,

sono le macchine, i drink, i muri

in cui covare odio, paura...

Oh, tra la Campagna e la Città

stupidissimo scegliere quest'ultima

ma il gran mondo ha scelto!  

Terribili quelle come Bruxelles

un tempo sacre di storia umana

e non di storia monetaria 

e Frankfurt medievale, ieri bella

oggi con l'Uomo morto dentro,

gli umani vicoli e il naturale fiume

dimenticati per ciò che credono superiore:

la Banca Centrale e il suo avaro regime

imposto sempre sulla generosa Natura!

Natura di selva e di uomo insieme.

E parlamenti e studi televisivi

ville di imprenditori (per arresti domiciliari),

templi massonici, redazioni di giornali...

tutta l'Europa riccastra 

imposta sulle pure campagne

da cui nacque puro l'Uomo!

Campagne la cui madre è Foresta.

Oh, stupidissmi come sono,

gli intelligentissimi umani,

hanno dimenticato tutto questo!

Microrganismi e batteri

- anonimi angeli campestri -

tutti sotto i nostri piedi

nella mostruosa sfera

dei simbionti e delle radici

ed è sempre così: non vediamo

chi ci offre il miglior bene,

ma chi vede, da Uomo, ode e tace

ed è così che in pochi restiamo

a non parlare, a ricevere il bene felici,

religiosamente felici, e lasciamo

parlare le altre bocche, vane,

in sopravvalutata Comunicazione

che non è mai sottovalutata Poesia; 

e queste, pur sbrodolate del latte 

che era destinato ai vitelli, e frutta

e ortaggi e il burro con la marmellata

contro Natura tuttavia agiscono

nelle supreme città europee

dove i palati si solleticano

con incompresi massacri di vita.

Dalla parola all'atto concreto, 

con mille chiassose prosopopee

e in riti di bestemmia, inquinamento

e ogni altra cerimonia di degradazione. 

Natura obliando, Natura mangiando

a sbafo, Mare e Campagna sfruttando

e dimenticando oltre Moneta.

E bevono vino per l'intossicazione,

ma non sanno cosa stanno bevendo,

quale nettare reso da angeli batteri

per trasformazione di acido malico

o lattico, suprema Trasformazione!

E i festanti moscerini sulla frutta

che poi il cittadino nevrotico

imprecante e orripilato scaccia,

mentre quelli, ubriachi come noi,

sulla massa schiumante danzano,

danzatori un po' come noi alticci,

mentre vinifichiamo e succhiamo,

e talvolta vi si tuffano e annegano,

tuffatori con invisibili becchi.

Sarebbe cosa ben più importante,

invece, fermare le bocche umane.

Ma nessuno ferma le minorenni 

che affogano nei coma etilici.

Nessuno ferma i padri violenti

eccitati da certe fiumane... 

Eppure io vedo che sono le umane

bocche, rapaci e avide, a far schifo,

sono queste le bocche dei mostri!

Quanti beni di Natura son nostri

solo in virtù di appropriazioni,

mentre sono candidi i rostri

di quegli insetti che si posano

sulle nobili fermentazioni,

come sulla maturità zuccherina

le api, le vespe, i calabroni

e altri miliardi di meno noti "mostri";

e succhiando danno benedizioni

necessarie all'intera vita della Terra;

e Natura silenziosamente dispone  

tutto questo come in una serra

umile, paradisiaca; e senza fierezza,

senza pubblicità né propaganda

che non sia un fitto ronzio e basta,

comizio di suprema delicatezza.

Epperò continuano a cicalare

gli umani tonti, a non dir nulla

nei loro tanti giri di parole

prive d'ali, non certo Poesia!

E mentre ingoiano o degustano

non sanno quanto sono avidi,

non sanno che sprecando insultano,

che ignorando i sacrifici animali

doppiamente tradiscono,

e sono maledetti e stupidi

e qualcuno perfino fuma sigarette

distratto, e così uccide di nuovo

quei beni che furono così vividi!

Nella Campagna atossica, ieri,

ho visto arrivare la Dea delle albicocche

donna arancione nel suo giorno

lavata però dalla pioggia di giugno

e così subito gustata dalla mia bocca,

e ho gustato ogni cosa insieme:

frutti e pioggia, frescura e succo,

il bagnato e il bagnarmi, la goccia

che scorre, il sommesso tumulto

del ricevere quel bene in ascolto

tacendo gustando albicocca,

e il rostro mio pieno di sapore

estasi ascesi redenzione...

Perché solo così l'Uomo è redento:

gustando piano e sapiente il Bene,

muovendo verso di esso, dentro

con la sua Intelligenza piena

Ma gli stupidi uomini immobili

non conoscono redenzione

e praticano la bassa "degustazione";

ed erano tutti accanto a me, ieri,

i vicini di terreno, ed erano la morte

oltre la catastale magica recinzione

che ci unisce e ci separa;

e così li ho uditi fin nelle anime:

urlare, pigolanti, scappare, claudicanti    

e la vita e la pioggia portare via,

sparite al tocco delle loro figure

esasperate dalla dolce pioggia;

e là sono svanito un po' anch'io

nella domenica dei morti viventi.

Non sanno - non hanno ancora capito,

hanno dimenticato! - che l'albicocca

arancione contro un cielo nero

ci pone un dono diverso, di colore,

uno strano dono di pittorico dettaglio

prima ancora del gusto feriale e mero.

I grandi pittori, infatti, come i primitivi,

come i primi terrestri campagnoli,

essendo gente fine, sanno ciò e corrono

non a ripararsi in cementizie ville

ad aspettare che spiova immantinente

con imprecazioni in gola tenute male,

ma ai loro cavalletti da pittori vanno

per dipingere en plein air l'evento,

magari sotto un piccolo ombrello.

Capace Visione che è Redenzione

per colui che è pittore, che è redento

per capacità di vista; come l'amico poeta,

come il vero artista; o come il Selvaggio

coriaceo, friabile solo per ordine di Campo. 

Selvaggio la cui umile bocca assapora

ogni cosa e di ogni cosa è parte

per degustazione non da sommelier

ma ignota ai festaioli ladri villeggianti

signori venuti dalla Città per brucare,

stupidi bloccati, in mancanza di sole,

sotto un bel cielo di mirabili piogge,

morti sui loro barbecue, sulle loro radio

accese domenicali in musiche omologanti

che tutti cantano, a cui tutti rosolano

borghesi nella loro Città Cafarnao.

Città di un dio minuscolo che tuttavia

portano nelle campagne circostanti

come fedelmente, come in processione.

Città Cafarnao che però non conoscono

miracoli che non siano atti di Caos,

meschini, degradata moltiplicazione

di pani e pesci in gioia sconsacrata!

Città è già per eccellenza dissacrazione,

quella che scorre bassa, imperialista,

che sia nelle domeniche fuori città

o nei territori occupati di Afganistan,

che sia nei campi palestinesi, nei silenti

luoghi sacri come Gerusalemme o Bagdad...

E così li ho uditi rovinare la Campagna,

musicata solo da uccelli e ronzii,

con le loro bombe di culture dominanti

lanciate in luoghi dove vivono Uomini

ancora esistenti, non borghesi disumani!

Uomini in ascolto, anch'essi animali,

Uomini muti coi loro arnesi di fatica

oppure cantanti, come me, ma lontani,

lontanissimi dai cantanti di televisioni

e radio; accompagnanti così, magari,

la falciatura, la potatura... tutta l'infinita

e dura attività dei campi che è Amore.

La Città, invece, nemmeno è onesta vita

di vecchio popolo, di fieri lavoratori

ma è disamore di cittadini dopo il lavoro

o dopo la noia e la noia di chi tardi s'alza

e perde così la miglior parte della giornata.

Città di drogati e sciancati ma in rivalsa

come certi cocainomani atletici in salsa

di maratone, in pantaloncini aderenti

su corpi poco meno che paralitici; e quando

la gara sfocia in qualche pezzo di Campagna

la chiamano tutti in coro "campestre"

e con facce rubizze si lamentano del "fango",

ed io lo so perché ero simile, correndo

le mie maratone, ma non ero come loro:

bancari rivoluzionari, sedentari celesti...

divisi tra Paradiso perduto e Tempo ritrovato

e la grande Bagdad distrutta dalle bombe!

Ma questa "mediocrità del vivere pedestre"

sembrando eroi... è il vero Fango!

Il caos, la dissacrazione, l'ignoranza

ma anche l'equilibrio, la fede, la sapienza

di una falange di ingegneri e scienziati,

bancari e banchieri - tra cui qualche maestro

d'orchestra, qualche furbo violoncellista! -

e tutti ammassati sono i tanti mostri

in Caos e Ordine di maggioranze istruite.

Sì, ricordo adesso ambulanze preparate

presso i Fori romani, accanto a un Colosseo

come sempre rivissuto e ridimenticato

e ancora oggi si parcheggiano divertite

in attesa che l'atleta borghese muoia, il dio!

Sì, ricordo facce popolane di ambulanzieri.

E qualcuno certamente infine morirà,

scoppierà in tale caos qualche cuore

e sarà una grande domenica di Città

atletica e burrosa come ne conosciamo,

bandierine qui e là, sui petti i pettorali

e medaglie infine date a bestie d'onore,

che sono tutte ammassate e razionali,

o, senzienti, come si dice dei maiali;

e sono tutti, tutti, a loro modo professori

anche i muscolosi e furbi fisioterapisti!

E nei prati gli fanno da contraltare

i giovani studenti, i piccoli universitari

con ambizioni grandi, tra cui i non arrivisti

saranno poi filosofi bidelli alle elementari.

E con i libri di Eco Umberto nelle mani,

o, nelle già settarie massoniche teste,

o chiusi nell'erba di Villa Borghese, del Pincio...

Più difficile, invece, dove si è più popolani,

dove la gente è più vera, come all'Appio

o sulla Tuscolana, per non dire Trullo,

è leggere un mistificatore, un barone,

leggere con piacere, intendo, un massone;

ma oggi che finalmente costui è morto

ne prende il posto l'erede suo indiscusso,

oratore da convention di manager - non certo

richiesto nella partigiana oasi di Villa Lazzaroni!  

Quello che per gli industriali è Galimberti,

riduttore del cinismo a un consentito lusso,

del nichilismo a filosofia vaga, senza realtà,

come fosse storiella ottocentesca un po' russa

un po' tedesca... e non ci dice - l'esperto! -

tutta la viva e attuale dissacrazione

di cui oggi questa idea è spirito e verità.

La Città ascolta forse un po' questo morto

vivente perché qualcuno deve pur ascoltare!

Città che non ascolta più Natura né Dio

ma cita serpenti come fossero intellettuali,

e sono tutti della stessa setta della rosa

e della croce, del potere e del suo nulla,

ed è anche per questo che l'atleta-dio

cade poi nell'erba o sulle pietre del teatro

Flavio... poiché nel nulla il cuore s'arresta,

nella strana intollerabile angusta stupidità;

perché i veleni dei falsi saggi o maestri,

misti ai veleni della restante società,

tagliano man mano fiato e gambe, e di colpo

fanno il cuore più vecchio della sua età.

Veleni dell'immondo uomo che non dice:

Fermati Città, stai sbagliando tutto!

Roma, Italia, compi la tua vera fede,

la tua vita schiacciata di uomini sinceri

non di questi che ti conducono all'infarto!

La bocca del filosofo tace su tutta questa storia,

bocca aperta di Città anch'essa, che divora,

ciancia e, come in un dipinto di Bacon, esplode

tra una cosa che si mangia e una cosa non detta;

bassa fronte su troppo oleosi garantiti spaghetti,

fronte di bestia ma in affettata Degustazione...

Ed è così che Cultura dominante pervade,

per inavvertito olocausto, per lutto

immenso ma inavvertito per le strade,

funerale di un intero popolo ma ridotto

a festa, morte respirata con bocca tesa,

come goduta, sigaretta che toglie vita...

Sempre aperta bocca ma nessuno che dica:

Basta, idiota, stai divorando tutto!

Cafarnao di nessun miracolo, nessuna fede!

Oscena Roma di qualche nuovo impero tonto!

Ed è questo è il nichilismo che nessuno dice:

divorare tutto senza fede come fosse niente,

nessuna cognizione e nessuna sacralità,

nessuna idea e nessuna arte più... per quanto

proprio in questa lista è l'indole italiana! 

Io so che la vera Letteratura, per esempio,

aspetta l'Uomo, proprio come la Natura, 

e si legge solo con bocche e occhi chiusi

e in opposizione a scienziati e imprenditori,

a riduzionisti e liberisti, a chi procura

pillole e denari, virus e atti virali

di cultura industriale, merci profuse...

Penso ora alle centrali nucleari del libro

come sono le varie Mondadori...

Sì, la vera Poesia è come la Campagna,

aspetta l'Uomo, ma fuori da certe porte,

in fondo a stretti e sinuosi sentieri

- che non sono quelli di città, contorti -

e vi sono vasti spazi finali a sorpresa

che la Campagna riserva a chi percorre

i campi, là dove la città è minuscola

e la vediamo all'orizzonte scomporsi

come quando d'estate rovente ondula

sugli asfalti, e vetri sciolti e specchianti

in profondità di campo, tanto che i palazzi,

visti da un bosco o una collina, sono niente,

sono tutto l'impotente uomo che corre

verso un infarto o un delirium tremens, 

uomo che viene da tutta una vita umiliata.

E non parlo del vecchio, senile demente,

ma del giovane laido, annichilito, pronto

a ogni corruzione, a ogni disperazione...

E allora io non so più, come poeta,

a chi spedire "le mie lettere per il mondo",

e non so quale senso abbia la Poesia

tra spacciatori e contadini accomunati

sempre più dallo stesso tipo di sogno,

in fondo alla via più verde che conosco

là dove so che man mano si ritrovano

finché non si uniranno anche più in fondo,

inglobando il bosco, nel cuore del bosco.

E scarpe ginniche e maglie Decathlon

anche tra questi calpestati e sfruttati

che a loro volta diventano calpestatori...

Insomma, a chi posso dire della Natura,

di questa mostruosa cosa piena di vita?

Dei fiori spaventosi e di tutti questi mostri

che sono amici e amiche in piante e bestie!

Del fiore con macchia nera su petalo giallo

che sembra una umana feroce pupilla;

di come un bianco possa esser una tinta

talmente soave da umiliare il grande Raffaello;

e della mani di Talpa, così enormi e brutte;

delle zampe di Tipula, penzolanti e lunghe;

di come mai è stata scritta in carta da artista

la cerchia di questi oggetti spaventosi e belli:

né dal grande Dostoevskij, accurato e vero

nelle sue descrizioni ma solo di fatti cittadini,

né dai poeti, che siano Rimbaud o Pasolini,

i quali pur hanno visto fortemente ogni cosa:

uno "scoppio di colombe", una "erba triste"...

e nemmeno da Pia Pera nei suoi libelli

su fiori e ortaggi, pur così cara e minuziosa...

A lei devo la conoscenza delle Iris fiorentine,

delle Stelle di Betlemme... che vedo in campo,

laggiù dove erompe un fiore di soave bianco

che è velluto proveniente da pianta spinosa,

ma non è lei che amo, che chiamiamo "Rosa",

piuttosto è la sorella verdenera detta "Rovo":

zingara con spini, ma di quelli che restano vivi

nelle mani e tagliano con una ferocia ansiosa

e calma, ritardata e imminente, di popolo!  

Rovi umiliati che leccano lamiere di bandoni,

esiliati sui bordi dai contadini e dunque furtivi

come gli emarginati, alla ricerca di uno spazio loro;

e la falce piomba e insiste ma li tagliuzza appena

perché il popolo agreste è duro, perché i Rovi,

delle nostre desistenze - come la falce che declina -

delle nostre forze sempre più stanche,

delle nostre velleità umane, fumose e leni,

ridono come chi già vede in noi quella breccia

vittoriosa da cui nemmeno il trattore è immune;

ed ha radici da millenario attore, che la Quercia

è più giovane e inesperta, il Rovo poco superficiale,

così privo di fusto, libero da veri rami e chioma,

che non si regge su due gambe come noi inetti

che non ha come noi un solo cuore mortale...

Se la dea del Rovo perirà sarà per ultima,

e morirà con miliardi di umilissimi insetti,

e forse sarà nel clima arroventato o ghiacciato

che ormai accerchia i nostri continenti.

Ed è proprio adesso, come dentro una beffa,

nel mezzo del clima mutante, che io vivo

come Selvaggio, che io incontro la Natura!

Nel cerchio ormai disfatto, disfacente

delle stagioni, la Campagna mai trovata!

Proprio adesso che non si può più amarla,

mi dico, così sconvolta e impura, stralunata!

E tuttavia la amo, ogni giorno non faccio altro.

Non faccio altro che amarla e fecondarla,

coltivarla per ulivi e orti, portarla a frutto

per zucchini e meloni, rucole e nocciole... 

E perfino con unghie la difendo quando

con punta di forbici la libero dalla rogna

sui rami aggrediti, e per sanarli piango sudore,

ricusando il rame, l'applaudita nebbia chimica

la cui infestazione per me sarebbe peggiore!

La zappa molte volte mi si è spezzata in mano

toccando appena: legno secco detto "manico"

contro viva terra; proprio come la penna

che assume, qui in Campagna, un che di ridicolo

oltre il sacro arnese qual è, ritrovata e perduta

nella vita agreste, in questa vita concreta,

e uno scrittore ne resta impressionato:

realista che mai si sarebbe detto così astratto

al cospetto della più reale Vita!

Ma la zappa che si spezza nella mia mano

cade come un qualunque pezzo di umanità

ed è la nostra pochezza ritorta verso di noi,

scherzo stesso della nostra presunzione;

quella cosa davvero infantilmente atletica,

densa di infarti e deliri, che noi davvero siamo.

Tuttavia, se scrivo così cosciente di noi e me

è perché in Campagna questo status di uomo,

di semplice uomo limitato e meschino,

capendo e amando si perde, o si dà in sé

come Uomo ritrovato, dentro un'etica

di uomo che io qui ho chiamato "Selvaggio".

Selvaggio che come gli ulivi a primavera,

come dicono i contadini di qui, "è in amore";

quando è maggio e l'albero si ritrova e fiorisce;

e allora l'anima si amplia, si espande, vuole

capire, sapere tutto di sé e dell'origine,

quindi sale ma torna anche in basso, indietro

a perlustrare il vecchio passato, che marcisce

nell'uomo, e il presente, che tutto fa marcire;

e allora si rivà perfino ad amare di nuovo

le vecchie letture, qui in Campagna; letture

vecchie a cui s'aggiungono le diverse nuove

illuminanti il regno delle piante, degli animali;

e allora non più Balzac ma Fukuoka, Bekoff

La vita segreta degli alberi, le tecniche colturali...

E Proust che infine pare non aver capito niente,

nella sua casa di campagna curata da altri,

nella tanta bellezza regalata ai giardinieri;

tanto che mi dico, rileggendo La prigioniera,

cosa avrà mai potuto vedere da dietro le tende!

Può aver soltanto annusato e origliato

la muffa che permea l'anima e la prende

nelle persone molli, la Morte idealizzata

come Vita, tra i balli e le cerimonie...

mentre nei campi estrema e dura azione

di non meno operosi intelletti si estende

e già pensare alla mano e alla falce è idea,

e la stessa falce pensata da qualcuno: linea

di manico ondulato che solleva e taglia;

e non di meno è idea la zappa che affonda

in colpi pensati per la semina seguente,

il pensare d'inverno la primavera, veggenza

e grandezza d'Uomo umile ma elevato

al rango di pensatore di semi e di stagioni,

e senza macchine ma solo con proprie mani

perché questa è la sfida, la vitale sapienza

che fa del contadino un impavido intellettuale!

Intellettuale impavido ma anche risibile, certo,

di fronte alla Vita che è sempre più forte

e allora i campi ridono e ridono perché

tutto ricresce, specialmente le "infestanti"!

Intellettuale le cui idee meglio si assottigliano

sugli quegli alberi maggiormente vulnerabili,

come i Ciliegi che non si può tagliarli, guai!,

senza sapere quando l'offesa è intollerabile,

quando ne morirebbero come agnelli

squartati in Pasque e Pasquette stupide,

potature incolte e incaute da macellai!

Ma vale lo stesso e di più per le bestie,

e chi sa della Natura sa della Vita,

sa che questa si rispetta, non si molesta,

e si uccide solo se proprio davvero serve!

Vita senziente e amorosa degli animali:

la capra che urla se privata del capretto,

la pecora che piange senza il gregge,

la coniglietta così innamorata dell'altra

che quando ella è morta, ed era nell'erba,

delicatamente, ha deciso di seguirla,

delicatamente, rifiutando il cibo offerto.

Oh, amante senza tempo, che afflizione!

nemmeno Giulietta, nemmeno Edipo

nessuno si è mai tolto la tanto cara vita!

Quanta delicatezza in Natura, troppa!

Gli etologi migliori la chiamano "empatia"

ma questa non è che una povera parola...

Oh, forse indirizzata a chi uccide, a dire,

all'uomo che ne è privo, cosa gli manca;

a chi, senza averla, sgozza o tira un collo,

a chi in luoghi impietosi la dea Fauna alleva,

a chi opera nei laboratori della chimica...

Nemmeno due giorni ci ha dato per salvarla!

coniglietta bianca come la neve, lesbica

Giulietta; e né amore, né pianto, né supplica

né siringhetta con il cibo omogeneizzato

infilata di traverso nella piccola bocca,

niente dal suicidio ha potuto fermarla!

È incredibile cosa può avvenire in Natura,

e cosa può avvenire nell'Uomo ritrovato!

Tutto il meglio dell'uomo cittadino superato

con un salto, con un saltello di coniglio,

per ritrovarsi poi fuori dalle umane gabbie

che non sono mai abbastanza ampie

anche quando le crediamo migliori...

e ci proteggono, invece, dalla libertà vera

proprio quando ci crediamo liberi,

quando perfino si propaganda, la libertà,

nella Città finta e mostruosa dei liberali.

Certo, anche la Natura ha i suoi mostri

e l'ho detto, e sono molti : la stessa Vita

è mostruosa, prima del mostro Natura,

del mostro Campagna, del mostro Oceano...

E sono mostruosi il Vento distruttore,

la Pioggia battente, il Sole siccitoso...

ma tutto è talmente degno, talmente

in equilibrio col suo esser mostruoso...

Pantheon di divini mostri che operano

pieni del loro senso, senza colpa o biasimo.

No, essi non sparano fuochi d'artificio,

tesi di una Città che non sa nulla di nulla

e posticci dèi crea per coprire quelli

che in Natura si affacciano di continuo

anche se vestiti di squame, lane, pelli,

se in scie di bave vanno o con dieci gambe! 

Ed è vero questo parco di Bomarzo,

tra mostri che qui noi siamo... ma non c'è

occhio bestiale e non c'è bestiale muso,

non c'è cinghiale o mantide o lombrico

che non sia un tutt'uno religioso...

e colmo di armonia... e quasi sfarzo

di gioielli che i nostri orafi non eguagliano!  

E non pianta mangiata né vorace bruco

che sia infedele a questo verbo fuso

nel corpo del mangiato e del mangiatore

nel corpo unico del tutto come rito sacro.

I nostri artigiani dell'argento e dell'oro

non volano o strisciano in terra da loro

consacrata, la loro chiesa è un simulacro! 

Qualcuno ha definito religiosi gli Ulivi

e chi non li ha visti, e chi li ha visti davvero?

Dipinti da Giotto, francescani, mistici,

ma io dico che i Mandorli spogli, o i Noci

che l'inverno denuda, non sempreverdi

come gli Ulivi, hanno l'aspetto di croci

alzate sul Golgota per ricevere un Dio.

Protettivi coi loro semi in globi verdi

che poi si spaccano e all'interno, raccolti

in ulteriore strato, i semi della futura vita

stanno, che noi cogliamo per i palati.

Chiesa di foglie, di verdi lance o dita:

estremità di piante che ci toccano

ovunque e addirittura ci guardano,

come i tralci voluttuosi della Vite,

prensili, irrorati di vene sanguigne.

E insistono nei loro scherzi,

ci toccano nei capelli, nella faccia,

alle spalle e alle gambe ci avvinghiano,

s'attaccano avidi come la Veccia!

Quanti milioni di giardini di Bomarzo

che non interessano più nessuno! 

Quanti floreali giochi tra Luce e Pioggia

mai visti da questo unico cittadino!

Questo che si compone di simili a miliardi

e si dà in figli privi di occhi seri, bastardi

come orfani, come incroci, come meticci

nati da un unico corpo di borghese alieno  

per cui spopolate campagne divengono sabbia!

Mentre io vedo, e sono pieno di sguardi,

queste spighe di Avena, spontaneo Orzo,

selvatico Grano... e il campo ne ho pieno!

E osservo ammirato il giro alto del Falco,

i voli grevi e mirati del Corvo, della Gazza, 

l'invincibilità delle formiche e ogni cosa

avviene sotto i soli o sotto le lune radiose,

o nella fiera tenebra di nessun plenilunio

quando nere si muovono, ondeggiano

nel buio vero certe gondole misteriose

di sogno e quelle onde di spighe cavalcano

per i miei occhi neri, forse, o per il loro Dio.

E poi il mattino grande che ne consegue

- ah se non è divino anche questo fuoco! -

il Sole e la sua luce, che è interamente sua,

noi ce ne illuminiamo sempre a sbafo;

e l'Aria del Cielo, del Vento... nei polmoni,

di cui la Città è priva malgrado la confondano

sempre con la libertà... quella mala aria chiusa

tra palazzi, idea con cui gonfiano palloni!

compressa nelle tante case e negli scafi

delle automobili, respirata tra i fumi...

tanto che è facile essere come dei morti,

negli attici peggio che negli interrati,

in tutte le forme di abitato estorte

comunque a un residuo d'aria in bocconi

di smog, di gas, di peti d'uomini in rottami!

Tutti sani e sportivi, là, tutti tossenti,

tutti ficcati in cancerogene prigioni

che sono la Città, da cui non c'è scampo!

La Campagna, invece, è respiro risorto,

e subito i vacanzieri da picnic lo sentono,

nei sensi blandi di bestie industrializzate,

e prima o poi, coi figli, si gettano carponi

nell'erba dolce e pura come neonati;

e sono anche tenere, le famigliole benestanti

nelle loro seconde case... sebbene ridano

di una felicità che bestiali non conoscono,

molto simile a questa merda di pecora

rotta adesso, qui, tra le mie mani

e data fertile, poco fa, sui semi seminati.

Felicità che non è amica di questi animali:

gechi, api, bombi, oziosi gatti ciondolanti...  

che sono corpo di Natura e perciò amati.

Né è felicità amica di corolle aperte su steli,  

fiori su cui certi insetti addormentati e neri

sembrano svenuti, su quei fiori gialli intinti

come nel giallo stesso del Sole, direttamente.

Felicità inarrivabile di chi dorme su un fiore!

Su un cuscino ricamato di polline e odore,

santa gioia che noi mai conosceremo.

Quale Dio potrebbe essere più presente!

Quale divinità potrebbe darsi più dolce!

Non degustazione, non venerazione

ma solo un Amore devoto e incessante

tra grandi Dèi e infimi semidèi campestri,

e lo sono tutti fino alla più piccola pulce!

Tutti insieme uniti, anche i più molesti

- per quest'uomo da molestare -

in una comunità che non è la Città,

la Città in cui tutti, in cui ognuno è solo.

No, Campagna non è l'Italia, non è l'Affare,

non è l'Unione degli Stati nel denaro...

Qui non c'è storia applicata di personaggi,

Fauna e Flora vivono reali come sempre,

e il cemento non ha sostituito villaggi

antichi con la loro alta o bassa gente

comunque vera, come vera era l'Italia.

Qui non esistono case di penoso cartone

e telecamente come quelle della televisione

ma case coloniche di dolce tufo o tane

di volpi e istrici in cui nessuno spia,

tenaci agli inverni, alle piogge e ai venti.

Qui non ci sono omologate culture,

alberi e animali sono ancora naturali

in questi popoli, in questo unico popolo

di natura non si è mai arreso all'uno.

Qui non vige alcun obeso individuo

che voglia ridurre la totalità a sé,

non vige il furbo codice del singolo!

In Natura, qui, solo variopinte creature

e uccelli che sono dei santi, e insetti poeti.

Qui solo tradizioni millenarie e immutate

e gran capacità di necessaria mutazione.

Mantide che da sempre muta colore

in base al colore mutante dell'erba,

e la Pioggia che cambia in ghiaccio

come il fischio del Vento in ululato

finché il tetto trema e ogni metallo

a tale scultore che reinventa paesaggi,

che il giorno dopo non sono più quelli.

Natura è Permanenza e Mutazione,

come Luce naturale è Rivoluzione.

Ma non come noi che mettiamo secoli

a formulare una tesi di Copernico o Galileo,

ad accettare che la Terra sia tonda

a spostare su di essa un solo capello!

Luce di fotosintesi, ad esempio, profonda

e immensa opera interna, di vita,

di respiro, di crescita... al cui comando

si muove ogni pianta, ogni seme, ogni alga

e chissà se la stessa rotazione terrestre

non sia un fatto di Luce, per rimando

al Sole, abbraccio in cui la Terra si piace.

E non c'è buio in cui non vi sia Luce!

Come il buio che cala su questa scrittura

e questa scrittura che ora cala, si riduce

al calare del sole nella finestra

che ho davanti, ed è già notte piena

e la Campagna è negra, anzi nerastra

per quella falce biancheggiante di Luna  

a cui il calendario agrario si rivolge

ancora; e noi un po' ci scherziamo

ma seminiamo sempre sulla sua luce,

mai troppo lontani dal suo richiamo.

Campagna che è laguna veneziana

ma di erba e terra seminata.

Campagna che si muove arsa e allagata,

marea nera che però nel bianco cuoce 

della Luna; e l'uomo Selvaggio la sente,

o il poeta, lupo umano e feroce;

sente che ora sta cominciando, alzata

sugli orti, sporta su ogni seme seminato,

un discorso forte ma piano, una voce...

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 10 maggio 2023

 

 

 

 

 Senzatetto
 

 


 
Tetto, ricordiamolo, significa televisione.
 
ore 6.00:  Prima Ora di berlusconismo
ore 7.00:  leghismo
ore 8.00:  renzismo
ore 9.00:  ex-sinistrorsi
ore 10.00: titoli di giornali di Stato
ore 11.00: film western mattutino
ore 12.00:  preparativi per le menzogne di Stato
ore 13.00:  Ora della menzogna (giornalismo di Stato e Propaganda totale)
ore 14.00: soap opera per l'imborghesimento casalingo
ore 15.00: abbrutimenti e devastazioni varie
ore 16.00: abbrutimenti e devastazioni varie
ore 17.00: documentari istruttivi
ore 18.00: altre forme di devastazione mentale
ore 19.00: altre forme di devastazione mentale
ore 20.00: Vespri di Telegiornali con rinnovata Propaganda totale
ore 21.00: film stereotipi per l'istupidimento
ore 22.00: Salmo della spietatezza
ore 23.00: conseguimento del coma del telespettatore
ore 24.00: conseguimento della morte mentale del telespettatore

P.s. Cari telespettatori il programma potrebbe cambiare.
 
La devastazione programmata sotto al tetto
per chi un tetto ce l'ha (e allora lo chiameremo "uomo tettonico")
opera affinché le cellule celebrali dei tettonici
siano sottomesse a un più alto Tetto
(che chiameremo "Nuovo Ordine Tettonico")
 
Nell'A.S.D 2009 (Anno SenzaDio)  
io smetto
di avere una televisione
e sono come un senzatetto
che sceglie di restare in strada

intervistati a Milano,
due o tre senzatetto
la pensano esattamente come me
 

Il salto da analogico a satellitare  
è quasi metafora del mio salto:                                            

sicché mi ritrovo a guardare la luna
e forse riscopro il Cielo di Dio
e come intelligente osservatore
riscopro Dio stesso
Dio senzatetto

Ucciso da Nietzsche,
sembra tuttavia resusciti da me
 
Dal mio Calendario liturgico estivo (comunque molto variabile)
che sono io riscoperto, o resuscitato,
e ciò è accaduto nell'A.S.T 2009 (Anno SenzaTelevisione)
potrei stendere questo palinsesto
ma con una certa approssimazione:
 
ore 8.00:  osservazione della Natura e Cura delle piante
ore 9.00:  prosecuzione Lettura della sera prima (da Dostoevskij a Fukuoka a Zizek)
ore 10.00: informazione ( lettura di qualche rigo giornalistico)
ore 11.00: Scrittura (di miei testi)  
ore 12.00: Scrittura (continua)
ore 13.00: Scrittura (continua)
ore 14.00: pausa pranzo con visione di un film, per evasione o cultura (film d'autore)
ore 15.00: prosecuzione evasione/cultura
ore 16.00: Scrittura (di miei testi)
ore 17.00: Scrittura (continua)
ore 18.00: Scrittura (continua)
ore 19.00: svolgimento di attività diverse: doveri, obblighi, piaceri ecc.
ore 20.00: Godimento della Musica
ore 21.00: Cena con visione di un film, per evasione o cultura (film d'autore)
ore 22.00: prosecuzione evasione o cultura
ore 23.00: Composizione musicale (mia musica)
ore 24.00: prosecuzione Composizione musicale
ore 1.00: Ora del sonno, con o senza Lettura di un libro
 
Il programma è molto variabile, come ho detto,
ma questo è in maggioranza il modo in cui io vivo.
Relazioni umane incluse, rare.
Meraviglioso silenzio incluso, spesso.
E la luna osservata, regolarmente.
 
Questo è il solo modo che conosco
in cui si può essere umani
malgrado si viva sotto un tetto.
 




martedì 9 maggio 2023

 

 

 

 

 

Tele tessute di luce, aria, acqua e gli altri elementi...

Come da tanti ragni invisibili noi cresciamo;

elementi noti ma non notati, e altri ignoti, studiati

finché poi diventiamo questa massa di scienziati

nota, ma non la notiamo, la macchina in nostra mano:

e corre, frulla, lava, uccide con joystick, crea dementi...

 

Mircea Eliade ha già detto tutto: ierofanie e ierofanie...

Oh, dovremmo studiare certi testi di grande impegno

prima di portarci su Marte come portiamo la guerra;

conoscere tutte le Religioni, la Storia, la Poesia...

ogni uomo dovrebbe, e l'astronauta che sia degno

di portare l'occhio nostro dovrebbe conoscere la Terra.

 

Il confine della conoscenza vera e imperfettibile

è sapere come fa la linfa a risalire l'albero, l'anima

ad avvolgere il corpo, il corpo che in apnea muta,

e la mutazione di un bruco conoscere, l'inosservabile

realtà del mondo terrestre che la Scienza non disamina,

e dunque tutta la stupidità che è nell'intelligenza data.

 

Ma giovani fisici che puzzano di vecchi Nobel esultano:

transcranici, doppleriani, "fotoni osservatori" e Quanti; *

e come bambini lasciano cadere i vecchi cubi di legno

e tastoni, entusiasti, mani osservate mentre toccano,

bocconi, un po' tristi, dicono: "sperimentatori brillanti **

sono gli uomini fin da piccoli", e spacciano per ingegno

 

quelle curiosità puerili, quelle occhiate stupefatte,

perfino gli sbadigli; eppure sbadigliano anche i gatti ***

e non di meno i conigli, e tutti fummo animaletti

e sarebbe stato migliore l'Universomondo se tutti

fossimo rimasti scientificamente arretrati, capretti

bianchi e tremanti caduti in una vasca di bianco latte.    

 

Ma i piccoli quadrumeni crescono e siamo scienziati

pronti a imparare la tecnica, ma non la parola nuova,

né la nostra lingua antica... - ma credo che da "transcranici"

alla parola "quadrumeni" niente hanno capito i lettori

di questa poesia, delle parole che uso, pur reali; uova

di Colombo, diciamo, che ho rotto per gli "a-semantici"

 

per i catecumeni o coglioni iniziati alla Triste Scienza, ****

per nessun filosofo che seppe di questa veder gli effetti;

essa moderna silenziosa apocalisse in cui gioco, allora,

a far cadere parole-uova dalle mani per provar prestanza

dei cervelli stronzi, come Galileo con i suoi preti inetti,

coglioni o catecumeni iniziati alla Triste Fede inquisitoria.

   

Così logorati dai Mengele a capo dei mediatici palinsesti

voi cercate ma non trovate più i natii cervelletti vostri

così sbranati dalla "vituccia quotidiana" (Majakovskij);

e giocate con cubi di merda lasciata cadere dai preposti

per imbeccarvi ad aver fede nella miseria, e baciate rostri

d'arpie che porgon solo quella, mai Nutrimenti terrestri. *****


 

 

 

 

 

* Mi riferisco agli ultimi studi di fisica pubblicati. L'effetto Doppler, gli esami transcranici per osservare i pensieri; i "fotoni osservatori" è una frase tratta dalla spiegazione della teoria quantistica.

** Altra citazione da un articolo di fisica.  

*** Nomino gli sbadigli perché la scienza sostiene dipendano dai cosiddetti neuroni-specchio. 

**** Ovviamente il mio è un calembour con il titolo del libro "La gaia scienza" di Nietzsche.

***** Per chi non l'ha capito il riferimento è alla grande opera umana, filosofica e morale dello scrittore André Gide "Les nourritures terrestres".